Alfonso 1938, così dice la scritta sulla t-shirt blu.
Dentro quella maglietta un anziano ricurvo di ottantasette anni: capelli bianchi, andatura incerta eppure costante. Sembra fragilissimo, di vetro e sembra poter cadere da un momento all'altro. Invece i suoi piedi sono ben saldi per terra e un passo dopo l'altro pare non avvertire i chilometri che si sommano.
Ho incontrato Alfonso al mio "debutto" nel mondo della corsa, poco più di un anno fa: prima di allora ero una di quelle persone che pensavano che correre non facesse per me. Ho scoperto tardi lo sport, sono stata una bambina senza danza (e si vede nella mia poca coordinazione), senza nuoto (ho imparato a nuotare a trentatré anni) o ginnastica ritmica. Mentre le mie amiche facevano i saggi, io stavo a casa a scrivere poesie e leggere libri (il cartolaio del mio quartiere sosteneva che il giorno in cui avessi smesso di comprare i libri da lui, il negozio avrebbe chiuso): lo so, suona un po' Leopardiano, peccato non poter vantare il suo genio nello scrivere versi, però. Poi, non so come mai, un giorno ho pensato che sarebbe stato interessante fare un salto nel vuoto e uscendo dalla mia zona di confort provare qualcosa di diverso; il caso ha voluto che m'imbattessi in un incredibile gruppo di corsa di sole donne e la mia stramba sperimentazione ha avuto inizio.
La prima volta che corri hai la certezza che morirai dopo qualche metro. Il corpo non è abituato a uno sforzo costante e così prolungato anche se io m'illudevo di essere allenata perché ho sempre camminato molto (pratica che spesso mi allontana dalle persone che non riescono a capirne il motivo). Tuttavia, poco alla volta il cuore sembra adattarsi allo sforzo e i polmoni imparano a fare il loro lavoro.
All'inizio correvo in silenzio, non ero in grado di parlare. Correvo alternando i minuti di corsi a quelli di camminata veloce e mi chiedevo come facessero gli altri -tutte quelle persone che incrociavo- a correre senza mai fermarsi, per dieci, venti, trenta minuti di seguito o magari anche di più. Curioso e sorprendente scoprire che da lì a poco sarei riuscita a farlo anche io.
La prima cosa che la corsa mi ha insegnato è che in moltissimi casi i limiti che abbiamo (o crediamo di avere) li creiamo proprio noi. Mentre macinavo i miei primi minuti di corsa (che poco alla volta diventavano sempre di più) scoprivo che la mia testa diceva "non puoi" mentre il mio corpo, sorprendendomi, mi chiedeva di continuare sempre un po' di più. E così, a forza di uscire ad allenarmi, anche con il freddo, con la pioggia, anche quando la stanchezza della giornata sembra volermi legare al divano, ho scoperto che per crescere e migliorare in qualcosa è necessario mettersi alla prova e spostare sempre un po' di più l'asticella della competizione con noi stessi. Per creare un'abitudine ci vogliono mesi, costanza e disciplina, ma una volta che qualcosa ti entra dentro è molto difficile smettere, soprattutto quando la sensazione che provi dopo la fatica è l'euforia.
Oggi ho corso la mia quinta o sesta gara, o almeno così credo. L'emozione è sempre la stessa, così come il timore di non riuscire a finire, di arrendersi a metà percorso o forse anche prima. La sveglia alle sei e mezza alla domenica mattina per me è una tragedia, soprattutto in inverno, per non parlare del trauma nel momento di dover uscire in maglietta termica e poco più con uno o due gradi, le mani che si congelano e nella testa la solita domanda " Ma chi me lo ha fatto fare?"Raccolgo tutte le pettorine delle gare in una cartellina con la data e il tempo impiegato per arrivare al traguardo. Oggi mi sento orgogliosa perché i miei tempi sono sempre migliorati e di certo non è l'orgoglio di un' atleta che non sono, ma quello di una persona che solo un anno fa era certa di non poter correre per più di tre minuti consecutivi.
Mentre percorrevo l'ultimo chilometro (in salita, una bella salita ripida! Che bel regalo ci hanno fatto gli organizzatori del percorso!) ero certa di non farcela, ma poi mi è venuto in mente Alfonso che avevo incontrato alla partenza: Alfonso è una sorta di stella polare, un mentore, un maestro, l'esempio di cui tutti noi abbiamo bisogno, la prova che a volte bisogna solo credere in noi stessi e non smettere mai di provarci. Forse solo così potremo dire di aver vinto, di essere arrivati primi sul podio, il nostro podio personale dove gareggiamo solo con noi stessi, con la consapevolezza di essere stati abbastanza così come siamo.
https://www.youtube.com/watch?v=va39Y2IPZPE
#Alfonso #correre #running #spostareillimite #youareenough #competizioneconsestessi