mercoledì 18 marzo 2020

Giorno centosedici: Una moderna resistenza partigiana

Una mattina
mi sono alzata...
qualche raggio luminoso si insinua tiepido dalla finestra, così ho aperto le imposte e ho guardato il cielo di un azzurro chiaro e disteso. Mi sono messa una maglia sulle spalle e sono tornata fuori a sedermi nei miei pochissimi metri quadrati di sole. Ho respirato profondamente: l'aria è profumata, sa di primavera, in fondo alla via i primi ciliegi sono esplosi carichi di fiori bianchi, pochissimi rumori di macchine, il canto di qualche uccello, un gatto nero affacciato alla finestra di fronte, al piano di sotto armeggiano con la caffettiera, il mio gatto salta sul tavolino e viene a strofinarmi il muso sul viso, c'è un vento lieve. 
Una bellezza così perfetta non la vivevo da tanto tempo.
Sembra tutto sospeso, in un tempo senza tempo.
Respiro e mi bevo questo istante.
Voglio che resti per sempre impresso dentro di me, anche quando tutto sarà finito, voglio che mi ricordi di vivere a fondo ogni momento, di restare nel presente.
"Facciamo una moderna resistenza partigiana" c'è scritto sul cartello nella vetrina del tabaccaio. Sono uscita a comprare frutta e verdura e per andare in edicola.
La mia resistenza è fatta di peperoni, taralli e un quotidiano.
Dentro casa il lavoro occupa la maggior parte del mio tempo.
Tento -alternando successi a fallimenti- di scandire le mie giornate intervallando il lavoro con lo yoga, qualche lettura, le videochiamate con chi amo e non posso abbracciare, un film, gli addominali, il teatro, qualche minuto di meditazione, ricette nuove in cucina. Cerco di dare un senso a tutto questo, anche se per ora non sempre ci riesco. Stappo una bottiglia di vino a cena e brindo con me stessa. Poi chiudo tutto e mi metto a letto. I gatti si vengono a stendere ai miei piedi, si appoggiano alle gambe e io inizio a pensare a quando potrò di nuovo camminare. Sarà un lungo cammino per celebrare la libertà, un cammino di gratitudine. Credo che percorrerò tutti i km che mi mancano per arrivare a Santiago. Sapevo che avrei dovuto aspettare per terminarlo, l'ho sempre detto quando lo raccontavo a chi mi chiedeva: "Deve arrivare il momento giusto". Ecco, ora so che è arrivato. 
Facciamo una moderna resistenza partigiana. 
Sorrido.


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