sabato 10 giugno 2017

Giorno cento: coriandoli a colazione.

Cento giorni fa ho aperto questo blog.
Cento giorni fa cercavo uno spiraglio di luce, un modo per riappropriarmi della bellezza a cui avevo smesso di essere fedele.
Ricordo bene che l'idea di fermare la poesia nascosta di tutti i giorni mi venne in un sabato mattina mentre me ne andavo a zonzo senza meta tra i banchi del mercato più grande d'Europa: Porta Palazzo.
Ero estasiata, ubriaca di colori e di suoni, immersa nello splendore di infiniti stimoli come un biscotto inzuppato nel latte.
E come spesso mi accade quando vago senza fretta come un flaneur innamorato della mia città, ho iniziato a pensare che era un peccato sprecare tutta quella meraviglia, che ci voleva un modo per fermarne almeno un po', un tentativo semplice di raccoglierne qualche granello.

Oggi è il mio primo giorno di vacanza, o per meglio dire, il primo giorno dopo la chiusura della scuola.
In realtà di lavoro ne ho ancora parecchio fino a fine mese, ma lo spirito è già quello di chi è libero da impegni e sente la felicità di riprendersi un po' del suo tempo.
Così me ne torno in uno dei miei luoghi del cuore, quello dove tutto è iniziato, uno di quei posti che devo calpestare, odorare, accarezzare almeno una volta al mese per star bene.

Il mercato di Porta Palazzo è una grande matassa di lingue e colori ingarbugliati, voci africane, contadini piemontesi e meridionali, frutta e verdura come coriandoli di un carnevale quotidiano.
Qui i commercianti arrivano quando ancora è buio per montare i loro banchi, c'è tutto un mondo nascosto che inizia a palpitare di notte e che esplode in un tripudio di rumori, mani veloci -a volte troppo- sul palcoscenico del nuovo giorni, tutti pronti ad interpretare la loro parte migliore per impressionare il pubblico che riempie la piazza fino al tardo pomeriggio.

Poco più in giù, scendendo verso la Dora, la piazza ampia lascia il posto a strette stradine dall'aspetto di un vecchio borgo su cui affacciano condomini bassi e spesso fatiscenti, accanto a facciate fresche di colori nuovi.
Il vecchio, l'abbandono, il degrado e la decadenza qui vanno a braccetto con il nuovo, con la voglia di recupero, con i giovani -e meno giovani- che vogliono fortemente salvare questa parte affascinante piena di storie da raccontare.

Stamattina, in un sabato dal cielo lieve, lo raccontavano anche un gruppo di attori di teatro con il loro spettacolo per strada davanti alla Gelateria Popolare.
Tra le bancarelle dei giovani artigiani e degli indiani coi loro gioielli di pietre dure e stoffe, tra oggetti appartenuti a chissà chi e libri rinvenuti nelle cantine di qualcuno che ormai non c'è più, fiorisce, spumeggiante, una nuova voglia di vivere di nuovo la strada, di restituire dignità a certi angoli della città dotati di rara bellezza e per troppo tempo maltrattati.
Torino sembra essere rinata: lo senti ovunque, lo percepisci dai tavolini sempre pieni di turisti e cittadini che un tempo riposavano come vedove tristi.
Lo senti dal rumore e dalle voci, dai locali nuovi che non smettono di aprire regalando una nuova faccia diversa alla città. Come se qualcuno di ritorno da un lungo viaggio per il mondo portasse con sé ricordi da esporre nelle vetrinette di casa, mischiando l'abituale con l'estraneo, il nuovo con il consueto.

Ogni angolo è visione, movimento e vita.
Ogni istante di questo sabato mattina è ritrovare pezzi sparsi di me, lasciati tra la folla o nel silenzio delle gallerie ombrose, dove vien voglia di fermarsi a sorseggiare un vermuth leggendo il giornale.

Passeggio senza meta, di nuovo, e in questo girovagare pieno di bellezza mi ricongiungo con qualcosa che era andato perduto.
In una mattinata perfetta di inizio estate.













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