sabato 3 giugno 2017

Giorno novantotto: quando il pavone fa la ruota.

Il pavone fa la ruota per impressionare la femmina sfoderando tutto la sua colorata bellezza, durante il periodo degli accoppiamenti.
Oppure per spaventare un altro animale dal quale vuole difendersi.

Le persone, più o meno, fanno la stessa identica cosa.
Non tutte le persone, ovviamente.

C'è chi di motivi per pavoneggiarsi ne ha davvero pochi, eppure la sua coda la apre eccome, mostrando orgogliosamente anche qualcosa che non ha.
E incredibilmente funzione: funziona che ciò che fai vedere, anche se non c'è, lo vedono anche gli altri.

Poi, invece, ci sono quelli che nascono pavoni, ma si credono tacchini.

Credersi tacchino, anche quando si ha un corredo di penne multicolore significa avere una vita piuttosto difficile.
Fortunatamente, però, a volte succede che per qualche strana coincidenza della vita ti ricordi di averle quelle penne.
Improvvisamente ti ricordi che anche tu possiedi qualcosa di bello, ma sei talmente abituata a tenerlo così nascosto che nemmeno ci credi più.

Succede quando qualcuno ti dice che i tuoi sono gli abbracci migliori che abbia mai provato o che le tue gambe sono più belle di quelle di una ventenne. Succede quando un tuo alunno ti chiede scusa per averti fatto arrabbiare perché tu sei la maestra più brava che si possa desiderare, o ancora, che le tue foto raccontano bene il sentimento di certi luoghi.

Accade, ma solo per quale istante.

Succede, sì: solo che tu sei un tacchino e allora nemmeno ti viene da farla una ruota, al massimo una ruotina che dura sì e no cinque minuti e poi ti dimentichi di nuovo di avere un motivo per sentirti felice di come sei.
Non per vantarti, per carità, che la gente vanitosa non l'hai mai sopportata.
Ma almeno per sentirti soddisfatta di quello che sei, per smettere di sentirti inadeguata e mai all'altezza delle situazioni.

Pensavo a questa stramba teoria del tacchino e del pavone ieri, mentre me la vagavo con qualche amico per le vie della città, in una zona poco battuta e semideserta per via del giorno festivo.
D'un tratto, svoltato un angolo, sul muro di un palazzo appare questo murales meraviglioso raffigurante, appunto, un pavone.

Ci sono giorno, come questi, in cui certe nostalgie riaffiorano lievi, complici ricorrenze che non vorresti ricordare e allora ti trovi a chiederti il perché, invece di perde tempo nel tuo stato di tacchino che si sottostima, non inizi a fare la ruota anche tu, ogni tanto.
Una ruota rapida, per carità, una cosa da poco, giusto il tempo necessario a ricordarti che la tua bellezza, quella vera che in pochi sanno vedere, è una cosa preziosa che non va sprecata con chi non merita di assaporarla o con chi l'ha vista, l'ha catturata, ma per paura ha preferito girarsi dall'altra parte senza tuttavia lasciarti libera di andare avanti per la tua strada.

Oggi va così.

Perché aprire un blog tentando di catturare la poesia del quotidiano, cercare di celebrare la bellezza delle cose semplici ed entusiasmarsi per i dettagli inattesi mica significa esser ciechi, mica vuol dire diventare degli ottimisti ottusi: la vita certi giorni è davvero dura e io non ho mai detto il contrario.
Ma in fondo c'è sempre un buon motivo per coglierne anche la meraviglia, quella più nascosta.
A guardar bene c'è sempre una ragione valida per innamorarsi delle nostre esistenze, c'è sempre un motivo per esibire sorridendo le penne colorate che ognuno di noi nasconde dentro di sé.
E quel murales incontrato per caso, stava lì a guardarmi per ricordarmelo.














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