mercoledì 10 maggio 2017

Giorno ottantasei: imparare a perdonarsi.

Della pioggia di questi giorni, dei cieli grigi di Maggio, amo la sensazione dell'inverno che si trascina ancora un po' prima di lasciar spazio alla luce abbagliante e al calore opprimente dell'estate, mentre le temperature, intanto, si fanno già più dolci.
La pioggia in questa stagione è lieve, sembra cadere per accendere le piante di un verde ancor più vivo e per regalare acqua ai fiori nuovi che riempiono i prati con macchie vivaci.

La pioggia in macchina, soprattutto, trovo sia piacevole.
Il ticchettio leggero delle gocce sul tettuccio, i piccoli cerchi perfetti sul parabrezza, le gemme trasparenti che si posano sullo specchietto dal lato del guidatore.
Le matasse di nuvole scure sono enigmi da risolvere, hanno sagome affascinanti, nascondo la forza di qualcosa che verrà portando cambiamenti.

Se è vero che i cani finiscono per assomigliare ai loro padroni, è altrettanto vero che le macchine subiscono la stessa sorte.

La mia macchina è una vecchia ma affascinante Lancia y grigio chiara, niente di particolare, uguale a tante altre in giro.
Ha quasi quindici anni, eppure a me sembra sia nuovissima.
La carrozzeria ammaccata in molti punti, colpa della mia mancanza di cura in certe manovre di precisione in passato e anche della poca delicatezza di qualcuno incontrato durante gli anni: sconosciuti che arrivavano e poco dopo scomparivano non senza lasciare cicatrici e bolli ancora oggi evidenti.

In fondo siamo quello che siamo grazie - o a causa- di quello che abbiamo vissuto.

La mia macchina è rispettabile, certo.
Svolge la sua funzione com'è chiamata a fare: ogni tanto, non troppo spesso, a dire il vero, perché preferisco di gran lunga i piedi o la bici, mi porta da un punto all'altro della città senza fare storie, a volte facciamo qualche gita fuori porta.
Non le ho mai chiesto cose speciali, nemmeno mi sono mai sognata di fare con lei un lungo viaggio in autostrada.
Molto probabilmente perché non la reputo in grado: non abbastanza affidabile, non abbastanza prestante.

Esattamente com'ero solita fare pensando a me stessa.

Chiedere il minimo, senza avere grandi aspirazioni, accontentarsi delle briciole, pensando che forse non potevo pretendere di meglio.
Bene, oggi le cose stanno un po' diversamente.
La carrozzeria dismessa non è sinonimo di scarsa qualità.
Ho promesso a me stessa che appena smetterà di piovere inizierò a prendermi cura regolarmente della mia macchina, la laverò più spesso e ne pulirò gli interni.

Io credo che i nostri oggetti parlino profondamente di noi, molto di più di quanto siamo abituati a pensare.
Le attenzioni che dedichiamo alle nostre cose, lo stato in cui le manteniamo in vita o le lasciamo lentamente morire senza intervenire sul passare del tempo, sono molto di più che dettagli insignificanti.
Avere cura di ciò che indossiamo, dell'auto che guidiamo, delle scarpe che mettiamo ai piedi è il modo in cui proiettiamo al di fuori l'idea che abbiamo di noi stessi.

Per questo mi chiedo scusa, oggi, per non essermi curata abbastanza, perché tanto, non mi sentivo all'altezza, per aver lasciato che le situazioni mi consumassero senza intervenire per cambiarne la direzione, per non aver lavorato sulle ammaccature, i bolli, le righe della carrozzeria, perché in fondo, pensavo, basta che io vada avanti, come tutti si aspettano che faccia.

Oggi mi chiedo scusa per tutte quelle volte che ho sbagliato e non mi sono perdonata.
Perché sbaglia solo chi vive, sbaglia chi ama, sbaglia chi sente.
E io non so fare altrimenti.
Imparo a perdonarmi per tutte quelle volte che non ho creduto nelle mie aspirazioni, non ho visto le mie capacità, non ho assecondato i miei veri desideri accontentandomi del minimo.

Da oggi voglio esser quella che ho desiderato, quella che desidera e che desidera in grande perché si merita di essere felice.
Così come la mia macchina, pulita sotto la pioggia di oggi, impeccabile sotto il primo sole di Maggio, fiera di tutte le sue imperfezioni che ne hanno fatto quello che è, pronta a viaggiare anche ad alta velocità, anche controvento.


 (foto mia).


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