venerdì 10 febbraio 2017

Giorno nove: il tronchetto della felicità.

Ieri è stata una giornata strana.

Una persona importante che sta per andarsene mi ha regalato una pianta, una delle sue piante: un tronchetto della felicità.
Regalare una pianta che è stata nostra è un po' come regalare un pezzo di noi, una parte viva che si affida nelle mani di qualcuno che sia capace di prendersene cura. 

Il momento in cui una persona importante deve lasciarci, per i motivi che possono essere i più disparati, sappiamo che sarà difficile. Sappiamo che dovremo fare i conti con la perdita, il lutto, il vuoto che lascerà nella nostra vita. Sappiamo che tenteremo umanamente di riempire quel vuoto con chiunque, inventandoci mille cose da fare pur di non pensare, pur di riempire il prima possibile quella voragine: abbiamo voglia di lottare contro il dolore, contro la solitudine, contro la mancanza, vogliamo dimenticare, ignorare, passare oltre. Vogliamo smettere di vederla, girarci dall'altra parte. 

Questa volta io, però, ho deciso di abbracciarla la mia malinconia, perché in fondo credo che anche questo faccia parte del gioco. 

Non si può fingere che non esiste un risvolto della medaglia.
Chi sceglie di vivere, sempre e comunque, si espone al rischio della perdita. Chi sceglie di provarci, di non tirarsi indietro, sa che sarà meraviglioso, ma anche pericoloso. Chi sceglie di sentire, tutto, senza inutili protezioni che mettano a tacere le emozioni, sa che va incontro inevitabilmente alla caduta. 
Ma sa anche bene che se ha scelto di vivere qualcosa è perché ne valeva la pena e che dopo quella caduta si rialzerà nuovamente, magari un po' acciaccato, affaticato, ma più vivo di prima. 
Per anni ho lottato contro me stessa, ho tentato di cambiare questa parte di me così emotiva, così incosciente, così affamata di vita. Non volevo più essere quella che viveva tutto al mille per mille. Ci sono stati attimi di delusione talmente amare in cui invidiavo chi sa proteggersi razionalmente dai rischi del sentire senza freni e magari esasperando questo aspetto, arriva a non sentire più nulla.

Ora, invece, non voglio più farmi la guerra. 
Io sono così e una delle promesse più importanti che mi sono fatta è quella di aderire il più possibile a me stessa, indipendentemente da tutto e da tutti. 
Io sono quella che sente ogni cosa amplificata, quella che sprofonda quando soffre, ma anche quella che si accende di entusiasmo per le piccole cose di ogni giorno. Non può esistere una me senza uno di questi due aspetti, non posso decidere di escludere quello che crea più problemi e tenere solo l'altro.
Questa sono io e per questo motivo, il tronchetto della felicità starà qui con me a farmi compagnia da qui fino a quando sopravviverà. Mi prenderò cura di lui e ogni volta che lo guarderò penserò a una storia che è stata ed è complessa, intricata, anche dolorosa, ma che mi ha dato e mi sta dando tanto, nonostante tutto, al di là dell'idea di perfezione, al di là di ogni giudizio esterno di chi non sa e si permette di dare consigli non richiesti, al di là di ogni logica. 

Le emozioni sono la sola ragione per cui valga la pena rischiare e la mia pianta starà lì a ricordarmelo, fino a quando avrà vita. 
Proprio lì, davanti alla mia porta con appeso un cuore e uno zerbino dove ce n'è un altro disegnato. 

Non poteva che essere casa mia, questa, proprio come mi ha detto Qualcuno!





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