Grigio, ma felice.
Il profumo del caffè invade la cucina.
Un gatto dorme acciambellato ai piedi
del letto, l'altro è fuori a godersi il balconcino da quando, subito
dopo essermi alzata, gli ho aperto la finestra.
Il rituale del sabato mattina inizia dalla caffettiera sul fuoco.
Una fetta di ciambellone di mamma mi aspetta sulla tovaglietta a pois.
Poi passo alla doccia:
finalmente posso dedicarmi del tempo e mettermi anche una crema
profumata, abitudine alla quale, purtroppo, spesso sono costretta a
rinunciare.
Senza curarmi dell'orologio che segna
ormai le undici passate infilo un paio di jeans ed esco per andare a
far la spesa.
Nonostante il cielo incerto, l'aria di quasi aprile sboccia nel profumo nuovo che invade le strade, riempiendo gli angoli con i primi fiori gialli tra i muri.
Normalmente questa è una delle
attività che tollero di meno, tuttavia il sabato può diventare
addirittura piacevole, perché posso scegliere di andare il mercato.
Sono sempre stata affascinata da questo
luogo, sin da quando ero piccola e nelle mattine calde di Luglio
accompagnavo nonna in centro a comprare frutta, verdura, calze e
tessuti per la casa.
Del mercato amo le facce della gente, i
colori dei banchi, la dimensione più umana del commercio. Mi piace
quando i proprietari dei banchi chiamano per nome i clienti, quando
si contratta il prezzo della merce come in un affollato suk
mediorientale.
Il mio è un piccolo mercato rionale,
ma c'è un po' di tutto.
Il banco dei cinesi che vendono abiti
di bassa qualità, accanto a quello di Latifa che vende la frutta,
poco più in là c'è il contadino piemontese che porta la verdura
dai campi qui vicino chiamando ancora “Monsù” i suoi clienti e
ancora, la coppia di calabresi che vende casalinghi a buon prezzo, il
banco di dolciumi con le carte lucide che riflettono il sole e le
vecchie caramelle di zucchero colorato dentro barattoli di vetro.
Fare la spesa al mercato mi ha sempre
messo di buonumore.
Non so bene il perché, ma trovo che
questo luogo così caratteristico racchiuda in sé una sorta di
poesia semplice.
Questa passione che mi porto dentro da
sempre è inversamente proporzionale al fastidio che provo per i
centri commerciali: tristissimi, anonimi non luoghi uguali in tutto
il mondo.
Stessi negozi e stesse facce apatiche della peggior specie
di uomo contemporaneo.
Forse quest' insofferenza affonda le
sue radici nel fatto che ho dovuto sopportare supermercati e centri
commerciali per ben quattro anni di seguito, periodo in cui ogni fine
settimana ero obbligata a stare rinchiusa in un negozio di
elettronica a guadagnarmi qualcosa per potermi pagare gli studi.
Mi chiedevo perché le persone
passassero volontariamente i loro sabato pomeriggio o addirittura, la
loro intera giornata libera, in quella specie di contenitore di
infelicità tra fast food, mogli che spingono carrozzine in tacchi a
spillo o fidanzati annoiati abbandonati come sacchi di farina mezzi
vuoti sulle poltroncine dei negozi, in attesa delle compagne che
affollavano i camerini.
Mi domandavo, senza riuscire a trovare
una risposta valida, perché se fuori esplodeva la primavera non
preferissero un pranzo in campagna, una domenica di sole, una
passeggiata tra i negozi del centro, un caffè nei dehors.
Forse è solo questione di gusti, di
punti di vista, ma io soffrivo della mia reclusione come una
carcerata che conta i giorni che mancano per recuperare la sua
libertà e intanto loro prendevano d'assalto i negozi di articoli
sportivi, riempivano le catene di ristoranti, popolavano i parcheggi
già alle nove del sabato, quando io avrei tanto desiderato starmene
a casa sotto le coperte o al mercato a far la spesa.
Ed ecco allora che oggi, poter
scegliere come passare questi due giorni liberi, poter scegliere di
respirare aria naturale e non condizionata, mi riempie sempre di
entusiasmo strappandomi un sorriso.
Ode al mercato e alla poesia semplice
del sabato mattina.
Lontana dai centri commerciali.
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