sabato 1 aprile 2017

Giorno cinquantotto: il mercato del sabato mattina.

Sabato mattina senza sveglia.
Grigio, ma felice.

Il profumo del caffè invade la cucina.
Un gatto dorme acciambellato ai piedi del letto, l'altro è fuori a godersi il balconcino da quando, subito dopo essermi alzata, gli ho aperto la finestra.

Il rituale del sabato mattina inizia dalla caffettiera sul fuoco. 
Una fetta di ciambellone di mamma mi aspetta sulla tovaglietta a pois.
Poi passo alla doccia: finalmente posso dedicarmi del tempo e mettermi anche una crema profumata, abitudine alla quale, purtroppo, spesso sono costretta a rinunciare.

Senza curarmi dell'orologio che segna ormai le undici passate infilo un paio di jeans ed esco per andare a far la spesa.
Nonostante il cielo incerto, l'aria di quasi aprile sboccia nel profumo nuovo che invade le strade, riempiendo gli angoli con i primi fiori gialli tra i muri.
Normalmente questa è una delle attività che tollero di meno, tuttavia il sabato può diventare addirittura piacevole, perché posso scegliere di andare il mercato.

Sono sempre stata affascinata da questo luogo, sin da quando ero piccola e nelle mattine calde di Luglio accompagnavo nonna in centro a comprare frutta, verdura, calze e tessuti per la casa.

Del mercato amo le facce della gente, i colori dei banchi, la dimensione più umana del commercio. Mi piace quando i proprietari dei banchi chiamano per nome i clienti, quando si contratta il prezzo della merce come in un affollato suk mediorientale.

Il mio è un piccolo mercato rionale, ma c'è un po' di tutto.
Il banco dei cinesi che vendono abiti di bassa qualità, accanto a quello di Latifa che vende la frutta, poco più in là c'è il contadino piemontese che porta la verdura dai campi qui vicino chiamando ancora “Monsù” i suoi clienti e ancora, la coppia di calabresi che vende casalinghi a buon prezzo, il banco di dolciumi con le carte lucide che riflettono il sole e le vecchie caramelle di zucchero colorato dentro barattoli di vetro.

Fare la spesa al mercato mi ha sempre messo di buonumore.
Non so bene il perché, ma trovo che questo luogo così caratteristico racchiuda in sé una sorta di poesia semplice.
Questa passione che mi porto dentro da sempre è inversamente proporzionale al fastidio che provo per i centri commerciali: tristissimi, anonimi non luoghi uguali in tutto il mondo. 
Stessi negozi e stesse facce apatiche della peggior specie di uomo contemporaneo.
Forse quest' insofferenza affonda le sue radici nel fatto che ho dovuto sopportare supermercati e centri commerciali per ben quattro anni di seguito, periodo in cui ogni fine settimana ero obbligata a stare rinchiusa in un negozio di elettronica a guadagnarmi qualcosa per potermi pagare gli studi.
Mi chiedevo perché le persone passassero volontariamente i loro sabato pomeriggio o addirittura, la loro intera giornata libera, in quella specie di contenitore di infelicità tra fast food, mogli che spingono carrozzine in tacchi a spillo o fidanzati annoiati abbandonati come sacchi di farina mezzi vuoti sulle poltroncine dei negozi, in attesa delle compagne che affollavano i camerini.
Mi domandavo, senza riuscire a trovare una risposta valida, perché se fuori esplodeva la primavera non preferissero un pranzo in campagna, una domenica di sole, una passeggiata tra i negozi del centro, un caffè nei dehors.

Forse è solo questione di gusti, di punti di vista, ma io soffrivo della mia reclusione come una carcerata che conta i giorni che mancano per recuperare la sua libertà e intanto loro prendevano d'assalto i negozi di articoli sportivi, riempivano le catene di ristoranti, popolavano i parcheggi già alle nove del sabato, quando io avrei tanto desiderato starmene a casa sotto le coperte o al mercato a far la spesa.

Ed ecco allora che oggi, poter scegliere come passare questi due giorni liberi, poter scegliere di respirare aria naturale e non condizionata, mi riempie sempre di entusiasmo strappandomi un sorriso.

Ode al mercato e alla poesia semplice del sabato mattina.
Lontana dai centri commerciali.








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