Il tanto temuto messaggio arriva in una mattina di tre giorni fa, forse per punirmi di aver ascoltato qualche canzone di troppo nel tragitto verso scuola.
Eccomi dunque dinnanzi alla scelta: correre a ricaricare subito o aspettare.
Dopo un attimo di smarrimento decido di percorrere la seconda strada, un po' per gioco, un po' per sfida.
Sì, sfida.
Ho una dipendenza, come ce l'abbiamo più o meno tutti.
In realtà ne ho svariate, ma questa la trovo piuttosto fastidiosa e banale e da tempo mi interrogo su come fare per liberarmene.
Ovviamente sto parlando del mio smartphone: oggetto ormai imprescindibile dal quale pare dipenda la nostra intera vita, amato e odiato compagno delle nostre giornata, scatola maledetta e ansiogena che ci obbliga a stare dietro ai ritmi frenetici imposti dalla velocità della tecnologia, aggeggio che ci rende schiavi del "tutto e subito", oggetto di culto che ci dà la sensazione di poter essere ovunque in un solo istante e che mentre ci nutre di questa illusione, ci ruba la possibilità di vivere il nostro qui ed ora, il nostro presente nella vita vera.
Non sto demonizzando la tecnologia, no!
Io amo il mio telefono, perché lì dentro c'è una parte grande di me: ci sono le foto che scatto nelle mie giornate, gli appunti che scrivo per non dimenticare, le mail e tutto il resto, ma so anche che di questo tutto io sono un po' vittima.
Ecco che il caso mi viene incontro lasciandomi senza connessione e invece di correre ai ripari, come al solito, scelgo di fare un esperimento: non ricordo più la mia vita senza smartphone e sono curiosa di recuperarla, seppure per poco tempo.
La prima sensazione è come quella di un tossico senza dose, ti chiedi come farai a sopravvivere per più di cinque minuti senza controllare la posta, rispondere ai messaggi, ascoltare un vocale, aggiornare status e postare idee.
Tuttavia, dopo lo smarrimento iniziale ti rendi conto di quanto sia stranamente meravigliosa la sensazione di libertà ritrovata, il gusto di camminare con le mani libere guardandoti di nuovo intorno.
Sono bastate poche ore per passare dalla mancanza, al piacere.
Non avere l'ansia costante di dover reagire subito ai mille stimoli che si susseguono (costantemente e a velocità impressionante) sul display luminoso, concedersi il lusso di stare nel momento e non nell'altrove, prendersi del tempo per guardare gli altri intorno, respirare senza la malata idea di poter essere ovunque in ogni istante.
Se non avessi tentato l'esperimento, molto probabilmente, mi sarei persa: la bambina di cinese di tre anni circa, con la bella faccia da luna piena che parla, in cinese, con la mamma al telefono e poi in italiano con il papà seduto accanto a lei, i miei bambini che giocano un torneo in palestra e uno di loro che quando il maestro assegna il punto alla compagna avversaria, le stringe la mano sorridendo e dopo la abbraccia sportivamente per complimentarsi, la schiena ben disegnata di un avvenente sconosciuto che fa avanti e indietro nella corsia di mezzo della piscina mentre aspetto di scendere in vasca, gli occhi blu del mio collega che sono come l'estate, un paio di zoccoli di legno in vetrina, entrati ufficialmente nella mia lista di desideri, le pagine di un libro che non ho mai tempo di leggere.
Sì, perché il punto è proprio questo: il telefono ci ruba il tempo e il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo.
Questa non è una pubblicità contro l'uso dello smartphone, non è una critica a qualcosa da cui per prima io dipendo, ma è una sana pausa di disintossicazione, la prova che vivere senza abusare di un mezzo che può essere davvero interessante, è possibile, che recuperare l'immersione nel momento che stiamo vivendo è meraviglioso, che essere multitasking non è un'abilità, come vogliono farci credere, ma una gabbia dalla quale sarebbe bello liberarsi.
Almeno ogni tanto.
Almeno qualche ora al giorno.
Detto questo: domani il mio piano tariffario mi restituirà la connessione.
Ci sarebbe da chiedersi se in realtà mi stia piuttosto restituendo la schiavitù, perché la vera connessione è quella con la vita che ci circonda e la nostra capacità di stare in ciò che viviamo.
Ma io sono dipendente, non ho mai pensato, nemmeno per un attimo di sbarazzarmi del mio smartphone e tornare a un vecchio nokia.
Mi chiedo quanto la mia volontà, in questi casi piuttosto debole, riuscirà a mantenere fede a una promessa che mi sono fatta in questi giorni.
Intanto ringrazio il caso, ringrazio le troppe canzoni ascoltate per avermi fatto provare cose che non provavo da tempo, per avermi regalato un'inaspettata ora d'aria dalla prigionia del mio telefono.
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