lunedì 3 aprile 2017

Giorno sessanta: una tavolozza primaverile.

Il mio motivo di felicità di oggi è piccolo, impercettibile e delicato.
Si nasconde tra i fiori inattesi che da un giorno all'altro hanno ripreso a sbocciare per le strade della mia città, con la dolce forza che ogni vita nuova porta con sé.

Se sapessi dipingere mi piacerebbe esercitarmi, così come facevano gli impressionisti, a ritrarre lo stesso luogo durante diverse stagioni.
Perché uno stesso posto, investito da colori e tonalità diverse non è mai uguale a se stesso.

Ogni anno non smette di stupirmi lo spettacolo della luce che cambia le forme della realtà accarezzando i marciapiedi, smussando gli angoli dei monumenti, srotolando ombre morbide o nette sui muri dei palazzi.
La mia tavolozza è quella che esplode tra le siepi dei giardini, sulle chiome dei bianchi ciliegi, ai bordi dell'acqua verdognola.

Amo il rosa che declina in mille tonalità dal lieve e polveroso cipria al fucsia acceso, il lilla dei glicini sui muri scostati, il verde pulsante dell'erba che si accende dopo le piogge che durano giorni e giorni.
Nuvole bianche danzano in gruppi trasportate dal vento, l'acqua del fiume si veste del riflesso colorato della vegetazione che lo circonda.

Ogni cosa sembra vestirsi a festa.

Ed in tutto questo concerto brulicante di vita, mi perdo, quasi stordita dalla perfezione della natura, innamorata nella magia di un quadro che cambia continuamente forma e sfumature ad ogni pagina del calendario che giriamo in avanti.

Così capita che in un giorno qualsiasi, mentre vai al lavoro o passeggi in compagnia dei tuoi pensieri, ti rendi conto di quanta bellezza ci circonda.
Una bellezza umile e profonda, un mistero che dorme nella magia delle cose naturali e che sembra chiamarti, supplicando di non perderti nemmeno un istante di quello spettacolo incessante.

Niente di più di questo, niente di più.











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