sabato 1 aprile 2017

Giorno cinquantasette: il monologo di Frida.

Venerdì sera.
Già si respira il profumo del sabato mattina senza impegni, il lusso di una serata tra amici.
Finalmente riesco ad andare a vedere uno spettacolo teatrale al quale tengo moltissimo.
Si tratta di un'opera dedicata a Frida Kahlo, una delle mie pittrici preferite.
Il Cap10100 è un piccolo teatro indipendente, uno spazio piacevole di incontro e aggregazione dove nascono spesso idee interessanti. Il centro è adagiato sulla sponda destra del fiume Po, ci sono anche dei campi sportivi e in estate musica dal vivo.
Lo spettacolo ha inizio alle nove e mezza.
Con un paio di amici ci prendiamo una birra in attesa che inizi.
Mi piace sempre guardarmi intorno quando sono a teatro, o al cinema.
Amo curiosare tra le facce degli altri per riconoscere, fiutare, i miei simili e intuire, inventare storie tra gli sconosciuti.
Dietro di me qualche giovane coppia, molti gruppi di amiche, un ragazzo in disparte intimidito e silenzioso. Qualcuno scrive sul telefono in attesa che inizi lo spettacolo, qualcun altro chiacchiera con il barista.
Le luci si abbassano e un' attrice dalla faccia interessante entra sul palco con una corona di fiori a mo' di cerchietto, come usava Frida e una maglia bianca. Insieme a lei solo una giovane musicista che accompagnerà tutto il monologo con la sua chitarra.
Mi piace la sua voce, l'intonazione che usa, la forza che dà al personaggio attraverso la parola.
Un po' meno il testo del copione palesemente scopiazzato dal film dedicato alla pittrice messicana.
Andare a teatro, così come al cinema, è sempre un'esperienza forte, a volte quasi estatica -oltre che estetica- che mi trascina in una dimensione altra, dove smettono di esistere le preoccupazioni, le paure, le tristezze quotidiane.
Ogni istante passato immersi nella bellezza dell'arte dà senso alla vita trasformandola da semplice accumularsi di giorni senza senso, in una speciale poesia intessuta di bellezza.
Passa un'ora come fossero dieci minuti.
Mi rimane dentro una sorta di fascinazione nuova per quel mondo di cui, in un certo senso, anche se molto lato, inizio a far parte anche io.
Mi chiedo come debba essere sentire un pubblico in silenzio per un'ora intera che pende dalle tue labbra, che ti ascolta rapito. Il vero protagonista del teatro è il pubblico, non chi sta sul palco.
Molti non l'hanno capito, ma ieri sera ho sentito un'emozione forte per quella ragazza che ha avuto la fortuna di avere un pubblico partecipe e rapito. L'ho invidiata per qualche istante e ho pensato a quanto sia bello, avere qualcuno che ascolta veramente ciò che hai da raccontare, non solo sul palco, ma anche nella vita reale.

Forse, allora, quello a cui ho assistito non è un vero e proprio monologo. 
Forse, in questo preciso momento della mia esistenza, la sola cosa di cui ho davvero bisogno è qualcuno che trasformi i miei monologhi in dialoghi aprendo il suo cuore al desiderio di ascoltarmi.


La bellezza di una sera a teatro, una sera che ancora una volta, ha altro da dirmi.

Oltre la superficie, più in profondità, c'è sempre un messaggio nascosto tra le cose.

Sta solo a noi saperlo scovare.






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