martedì 4 aprile 2017

Giorno sessantuno: ode al letto.

Ode al letto.
Così incomincia,
questa "poesia" senza capo né coda.
Un'ode semplice,
per la mia imbarcazione senza remi
silenziosamente ancorata nella mia camera da letto.
Nave ferma, durante il giorno,
lieve vascello di notte,
in viaggio verso i sogni più imprevisti.
Nella sua dolce conca
riposa il corpo stanco,
tra i colori del copripiumone- impossibili abiti in cui avvolgermi quando la solitudine fa venir freddo-
gatti acciambellati tra le gambe (che non puoi più muovere per non disturbarli),
libri lasciati aperti,
caduti,
scivolati dalle mani,
chissà a quale pagina,
quando ti addormenti distrutto la sera,
con l'amara illusione di riuscire a leggere più di cinque righe.
Qui sono nate e finite storie infinite,
hanno pascolato greggi di visioni,
le mie gambe hanno nuotato in acque sconosciute,
ci sono stati risvegli inattesi e abbracci salati,
occhi spalancati su soffitti estivi,
piedi scalzi a cercare altri piedi.

Oggi inizio e finisco così, un po' per gioco, un po' seriamente.
A metà tra il serio e il faceto, un po' per trovare una soluzione rapida al sonno che mi sta richiamando a sé come un canto di sirene, un po' perché cambiare mi diverte.
Quando la giornata è di solo lavoro, mal di testa, stanchezza dentro e fuori, quando la primavera ti risucchia tutte le forze come succede ogni anno al cambio di stagione, quando le ore sono macigni e tra occhi indesiderati che tornano a trovarti e mancanze così concrete che quasi le puoi toccare, il solo pensiero che può salvarmi è quello del mio letto.
Il letto: è un pensiero felice in certi giorni, il più felice che ci possa essere!
Il letto è per me il luogo di culto della casa, lo spazio sacro dove ogni cosa è possibile, il tempio segreto di sogni e parole, silenzioso testimone sospeso nell'ombra del sonno.

Ode al letto, non una parola di più, in questo strano post assonnato.
Il letto mi attende nel suo abbraccio spalancato.

(Perdonatemi il gioco di sperimentazione).







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