giovedì 23 marzo 2017

Giorno cinquantuno: il manuale della nonna.

Mia nonna è stata -e sempre sarà- una delle persone più importanti della mia vita.
Una donna coraggiosa, forte, anticonformista nel suo vivere dentro la normalità, facendolo con quanto di più veramente alternativo si possa avere: la gioia.
Era analfabeta, ma sapeva raccontare come il miglior narratore di tutti i tempi. Non sapeva scrivere, eppure a ottantacinque anni iniziammo una sorta di quaderno insieme per imparare l'alfabeto. Ricordo che ridevamo insieme fino alle lacrime per quelle "P" panciute che sembravano omoni ubriachi, più che lettere.
Mia nonna era nata nel 1910, all'inizio del secolo scorso e se n'è andata nel 2015, quasi a centocinque anni. Ha attraversato più di un secolo, visto il mondo cambiare sotto i suoi occhi. Era così intelligente e curiosa che quando ho vissuto lontano da casa, mi parlava su Skype.
Spiegare ad una ultracentenaria cosa sia internet non è semplice, ma la cosa straordinaria è che lei lo abbia capito subito.

Rideva tantissimo, come pochi altri.
Rideva e sapeva far ridere.

La domenica faceva la pasta fatta in casa ripetendo un rituale di rara delicatezza con quelle mani che non si stancavano mai.
Quando andavo a trovarla c'era sempre una sorpresa ad aspettarmi nascosta nel primo cassetto del comò.
Le sue camicie bianche di cotone profumavano di buono e di lavanda.
A volte mi fermavo a dormire da lei: ci coricavamo e poi io le chiedevo di raccontarmi una storia. Lei iniziava e inventava sul momento, come un'abile improvvisatore fa sul palco di un teatro, poi dopo qualche minuto si addormentava. Allora io la incalzavo e lei, tornando vigile, riprendeva da dove aveva finito cambiando puntualmente il nome dei personaggi e degli animali sempre presenti nelle storie. Le sue erano fiabe rurali che parlavano del suo mondo: capre, galline, contadini, padroni e granai, città lontane, macchine da scrivere scambiate per radio, storie d'amore vissute di nascosto.
D'estate passavo due mesi da lei. Giocavamo ad aprire i papaveri indovinando se fossero rossi o bianchi, a contare i passi da casa fino al paese, a cercare le lucciole nelle notti di Luglio insieme ai vicini di casa, tutti insieme in cortile. Il giorno andavamo all'alimentari, l'unico che c'era: nonna mi comprava le violette, i bottoni del prete e le caramelle Sukai, quelle ricoperte di zucchero. La sua cucina profumava di forno. Quando la cena era pronta scendevo a chiamare nonno che in cantina stava lavorando sulle sue scarpe. Mio nonno era un calzolaio. Il profumo della colla insieme a quello delle nocciole è qualcosa che ricorderò per sempre. Accanto alle scarpe, a volte, c'era una cesta con un canovaccio e lì sotto, piccolissimi, gialli e spelacchiati, tantissimi pulcini appena nati.
I nonni sono un regalo che in pochi possono ricordare. Io i miei me li sono goduti fino a pochi anni fa e di questo sono grata alla vita.
Uno degli insegnamenti più importanti che mi hanno lasciato è quello di usare il buonsenso.
Sembra una banalità, ma non lo è, soprattutto di questi tempi.
Spesso viviamo per inerzia, lasciandoci trasportare dalla corrente di quella che ci pare la normalità e intanto perdiamo di vista le cose concrete. Lavoriamo più di quanto dovremmo, consumiamo più del necessario, adottiamo stili di vita che ci fanno male per aderire a ciò che ci circonda.
A volte ci ammaliamo perché la nostra mente sta male. Il corpo ci parla come riflesso di quello che abbiamo dentro. Se stiamo male dentro, staremo male anche fuori. Corpo e anima non sono due sistemi slegati tra di loro, per questo forse, molto spesso, basterebbe creare condizioni che ci arrechino meno disagio piuttosto che correre ai ripari quando arriva una malattia.
Mia nonna mi curava con le erbe, con il miele. Certi dolori li faceva passare con ricette segrete dove si mischiavano saggezza popolare e amore, dove non serviva molto altro oltre a ciò che la natura ci regala.

Qualche giorno fa ho trovato questo libro e me ne sono innamorata, perché mi ha fatto pensare proprio a questo.
Così cedendo alla tentazione, me lo sono comprato.
Questa sera, dopo una lunghissima giornata, mi siedo per la prima volta a sfogliarlo e tra ricette casalinghe, infusi, segreti e rimedi per la casa, ritrovo anche un po' di quella saggezza che mi è stata insegnata da Nonna.
Ecco che un semplice libro mi riporta a una persona a cui sono legata come a poche altre.
Ritrovo le sue mani, il suo abbraccio che era la cura migliore, ritrovo i suoi occhi grigio verdi e penso che ovunque lei sia, adesso, vorrei tanto un giorno poterle somigliare, soprattutto nel suo essere una vera anticonformista che professa il suo credo: vivere l'ordinario come fosse straordinario.




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