lunedì 13 marzo 2017

Giorno quarantuno: l'eccezione.

Le giornate che si allungano e la luce che torna a riempire il cielo mi fanno venir voglia di camminare.
Oggi vado a piedi a teatro.
Una passeggiata di una quarantina di minuti a passo sostenuto, nella quale mi concedo anche qualche piccola sosta per una foto o per osservare il fiume.

Cammino persa tra i miei pensieri, le mani in tasca nel cappotto grigio con gli alamari, i primi fiori gialli che tornano a far capolino qua e là, le canoe sull'acqua che scivolano tracciando segni come pieghe sulla seta.

Davanti a me due ragazzi sulla trentina. Lui capelli corti e sorriso pieno, lei bella, caschetto castano e occhi grandi.
Vanno alla stessa velocità, ogni tanto si guardano e mentre parlano di chissà cosa ridono, con pienezza e allegria.
D'un tratto lui la supera, si avvicina veloce a un cespuglio di fiori lilla, li odora, si china per raccoglierne un mazzetto e glieli porge in un gesto senza pretese, quasi d'altri tempi, in un gesto ingenuo, ma autentico.
Lei li prende e ridono di nuovo, insieme.
Lui di nuovo accanto a lei, lei sulla sua sedia a rotelle.

Penso che debba essere bello incontrare qualcuno che abbia voglia di andare al nostro stesso passo, qualcuno che ci voglia per ciò che siamo, esattamente così come siamo, con le nostre parti mancanti e i nostri enormi nodi da sciogliere. Qualcuno a cui non importi nulla se abbiamo gambe o ruote per andare avanti, se il nostro profilo non è perfetto, se le nostre ferite sono ancora aperte.

Sono fortunati loro ad essersi incontrati.
Sono fortunati soprattutto se riusciranno a non perdersi.
E con questa certezza continuo a camminare sorridendo, felice della felicità di due sconosciuti, sicura che valga la pena continuare a sperare nell'Eccezione.





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