mercoledì 8 marzo 2017

Giorno trentasei: un paio di occhi blu.

È iniziato ufficialmente quel periodo dell'anno in cui devo fare uno sforzo sovrumano per controllare i miei istinti di spendacciona senza soldi.
Durante i cambi di stagione, soprattutto nel passaggio tra inverno e primavera, devo controllare l'insana tendenza a comprare più del solito. Parlo soprattutto di vestiti di cui non ho assolutamente bisogno, ma il cui acquisto accompagna puntualmente, come un irresistibile rituale superfluo, questo periodo dell'anno.

Sarà che in concomitanza con le temperature che si fanno più dolci e le giornate che tornano ad accendersi, dopo mesi di sciarpe, maglioni extra large e stivali, si risveglia prepotente il desiderio di alleggerirsi, di qualcosa di nuovo da indossare per dare il benvenuto a una nuova epoca. Sarà che dopo un lungo periodo in cui siamo stati rintanati sotto le coltri del letargo invernale c'è voglia di aria nuova, di sentirsi più femminili, di copiare le farfalle che con le loro ali leggere colorano i cieli di primavera.
Non saprei.
Ad ogni modo, quest'anno meno che mai posso dare sfogo alla mia malattia di cui, sarò sincera, mi vergogno anche un po'. Così, impossibilitata ad assecondare i miei pericolosissimi istinti decido di ripiegare su un piccolo autoregalo: un braccialetto che da qualche settimana mi strizza l'occhio dalla vetrina ogni volta che ci passo davanti.
Sono stata bravissima fin' ora, l'ho ignorato per ben tre mercoledì di seguito! Oggi, però, proprio non ci riesco e così, considerata la cifra irrisoria che si aggira ampiamente sotto i venti euro, decido di concedermi una pausa dal mio digiuno consumistico. Entro nel negozio e tentennante tra due braccialetti chiedo consiglio alla commessa. Alla fine mi convinco che il primo che avevo visto, quello che riporta la frase più significativa, vince. Lo faccio riporre in un bel sacchetto di stoffa trasparente con tanto di nastrino rosso -io, l'incubo dell'ignara commessa che si vede obbligata ad incartare acquisti che aprirò dopo qualche istante- e non appena uscita dal negozio lo indosso immediatamente.
Soddisfatta come una bambina m'incammino verso la giornata che mi attende.

Non so ancora che oggi succederà qualcosa di speciale, ma ho fiducia che qualcosa stia per accadere.

In effetti, qualche ora più tardi, mi ritrovo a parlare con una persona che conosco solo di vista, un collega con cui ci siamo incrociati un po' di volte, ma con il quale non ho mai avuto modo di scambiare nemmeno una parola.
Di per sé c'è ben poco di straordinario in questo avvenimento.
Ma mentre chiacchieriamo tranquillamente di lavoro, mi accorgo, per la prima volta da quasi un anno a questa parte, che al mondo può esistere anche un altro paio di occhi oltre a quello che ho reputato l'unico degno di interesse fino ad oggi.
 Percepisco in un attimo, come in un'inattesa epifania, che al di là di ciò che perdiamo può esserci ancora dell'altro. Lo so, è un pensiero banale, eppure mentre la fine di una storia ci travolge e ci butta faccia a terra per l'ennesima volta ci pare di non vedere più altro se non ciò che non abbiamo più. Ogni volto intorno a noi perde di interesse, non esistono sorrisi come quello che amavamo, nessuno è degno delle nostre attenzioni, nulla richiama i nostri sensi.
Si è trattato solo di un istante, una frazione di secondo, ma da quegli occhi è stato come se si insinuasse una nuova luce a ricordarmi che qualcosa di bello può ancora attendermi al di là degli occhi che ho perso, oltre ciò che non c'è più, una luce nuova che sa di altre pagine bianche da iniziare.
E poco importa a chi appartenessero quegli occhi, perché di certo non sarà lui a riportarmi al mondo, ma quegli occhi blu, i primi occhi che mi sono concessa di guardare dopo il gelo di mesi, resteranno a lungo impressi dentro me come gli occhi capaci di sciogliere il mio freddo.





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